La passione per la luce

Ogni volta quando inizio il Laboratorio di Fotografia per prima cosa tengo la classe nel buio per qualche momento. É bello percepire le reazioni degli studenti in questa condizione, si crea un po’ di imbarazzo. Rompo il silenzio spiegando che il motivo per cui i fogli da disegno ci vengono forniti bianchi è lo stesso che motiva l’inizio della nostra lezione al buio: non è possibile disegnare in modo accurato su un foglio imbrattato di scarabocchi, c’è bisogno di fare spazio sia nel luogo fisico in cui lavoriamo che nella nostra mente.

Andrea Salpetre

Così mi è stato insegnato dal mio maestro di fotografia e amico Andrea Salpere, fotografo professionista di Milano, ma livornese d’origine come me. Quando appena maggiorenne arrivai a Milano era l’unica persona che conoscevo in città e la sua presenza ha caratterizzato la mia formazione nei primi anni d’Accademia. Mi accolse nel 2006 nel suo studio fotografico Open Loft, che in quegli anni era una delle sedi in cui Mediaset esternalizzava le sue produzioni. Ho passato dei momenti bellissimi insieme ad Andrea e siamo diventati veri amici, lui è una persona eccezionale di una generosità e una forza d’animo incredibili, sempre di buon umore, assomiglia alla luce che mi ha insegnato a usare.

Ho iniziato come assistente di studio in Open Loft, quella che potremmo definire un’azienda di famiglia: Andrea ne era manager e figura professionale principale, poi c’erano uno scenografo e una responsabile delle relazioni commerciali, ma i ruoli non erano ben definiti. Il lavoro era tanto e non era strano trovarsi tutti insieme a sistemare lo spazio in fretta tra una produzione e l’altra. Si trattava principalmente di fotografia di moda e still life per campagne e cataloghi di ogni tipo, ma non mancavano le produzioni video esterne: le telepromozioni e i videclip musicali. Ho avuto la possibilità di lavorare su set che vedevano il passaggio di grandi professionisti del mondo dello spettacolo e della musica: Gerri Scotti, Giorgio Mastrota, Emanuela Foliero, Elisabetta Canalis, Nek, Giorgia, Laura Pausini e Elio e le Storie Tese sono i nomi che mi sono rimasti in mente.

Questo fu l’ambiente in cui sviluppai la mia passione per l’illuminotecnica. Da lì a qualche anno mi resi indipendente: feci un corso dedicato all’illuminotecnica dell’Associazione Italiana Light Designer presso EMIT Feltrinelli e iniziai a lavorare per di diverse case di produzione milanesi con il ruolo di aiuto elettricista. Nel frattempo concludevo il percorso all’Accademia di Brera e anche se il mio ambito di studio più appassionato era la Sociologia, il mio sogno era quello di diventare un direttore della fotografia sui set pubblicitari. Poi la crisi morse, le produzioni video diminuirono il personale e i primi rami ad essere potati furono quelli più piccoli, come me. Il lavoro si diradò, vinsi una borsa di studio alla NABA e tornai in Accademia concludendo il percorso di secondo livello.

Produzione indipendente del regista colombiano Joan Florez

Riflettendoci ad anni di distanza non credo di essere stato tagliato per quell’ambiente lavorativo. Le modalità stringenti proprie delle filiere industriali si intrecciano con l’emergenzialità nel lavoro sul set delle video produzioni; per rispettare i tempi, anche di fronte agli imprevisti, i rapporti professionali si fanno feroci perchè il rischio è di aggravare i già alti costi di produzione. La fisiologica precarietà dei contratti nel settore spinge a intrattenere relazioni utilitaristiche anche al di fuori dell’orario di lavoro e credo che a lungo andare avrei perso il senso di quello che stavo facendo ed insieme ad esso la gioia di vivere.

Incontrare l’insegnamento mi ha permesso di convogliare le competenze e la passione nel campo dell’illuminotecnica in un contesto che prevede orizzonti più ampi. Lo stupore della classe quando accendo gli apparecchi illuminanti nel buio dell’aula di fotografia segna il realizzarsi di un momento magico sempre nuovo.