Tra tutti gli insegnanti che ho avuto nella mia vita quello che ha maggiormente condizionato il modo in cui intendo la pratica pedagogica è Antonio Caronia, Professore di Sociologia dei Processi Culturali all’Accademia di Belle Arti di Brera e di Culture Digitali alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano.
Spesso Antonio identificava nell’insegnamento una pratica impossibile e forse proprio per questo è stato un grande maestro. Ci diceva delle cose e poi era curioso di sapere come le sue parole sarebbero state fraintese, perchè era negli errori della trasmissione del sapere che c’era il bello di tutta la faccenda dell’educazione. Fare teoria e metodologia rispetto a questo gli sembrava una sciocchezza. Quasi ogni giorno mi chiedo cosa direbbe se mi vedesse adesso che mi occupo proprio di queste “sciocchezze”.

I momenti più belli passati insieme sono stati quelli delle lezioni di Sociologia Culturale all’Accademia di Brera, del Seminario “Genealogia del Soggetto” su Michel Foucault condotto insieme al Prof. Amos Bianchi e degli incontri a MACAO sul tema di Arte e Follia. Su Internet Archive è possibile trovare molte delle registrazioni delle lezioni e delle pubblicazioni di Antonio.
Era una persona amabile e sono stati rari i momenti in cui incuteva timore, ma ne ricordo bene due: quando diceva “non ho capito” con quel sorriso mal celato che poteva essere facilmente inteso come “non sei ancora sufficentemente preparato da spiegarti” e quando diceva fermamente che qualcosa non lo interessava, ed anche in questo caso la comunicazione era lasciata per la maggior parte alle possibilità di comprensione dell’interlocutore.
E’ stato il mio relatore di tesi teorica per il diploma di Primo Livello, in cui trattai le figure simboliche del Cyborg e del Robot in relazione alle possibilità e alle criticità messe in campo dalle tecnologie digitali. Sarebbe stato il mio relatore anche per la tesi di Secondo Livello se un cancro ai polmoni nel 2013 non lo avesse portato via.
Ha lasciato un vuoto incolmabile in tantissime persone per cui rimane, ancora oggi, un punto di riferimento insostituibile.