[…] commettete un notevole errore di valutazione se pensate che la psicologia in quanto scienza delle leggi della mente vi consenta di dedurre programmi definiti e schemi e metodi d’istruzione per un immediato uso scolastico. La psicologia è una scienza e l’insegnamento un arte. Le scienze non generano mai direttamente le arti. É necessaria la mediazione di una mente inventiva che, servendosi della sua originalità, riesca a produrre le necessarie applicazioni.
William James,
Discorsi agli insegnanti e agli studenti sulla psicologia e su alcuni ideali di vita
Durante i miei percorsi di studio Accademici ho progressivamente cambiato il modo di intendere la pratica artistisca e l’arte tutta.
Ho passato un’infanzia ed un’adolescenza all’insegna della manualità, prima da bambino “bravo a disegnare” poi da ragazzino, nel suo piccolo, esperto modellista. Approdare agli studi artistici durante il percorso di scuola secondaria mi aveva aperto al mondo delle belle arti, plastiche e visive, ma appresi i rudimenti delle tecniche pittoriche e della modellazione plastica tradizionali senitii il bisogno di estendere le mie competenze in ambito digitale.
Nel 2006 la scuola di Nuove Tecnologie per l’Arte non era disponibile in tutte le Accamie italiane e scelsi di spostarmi in quella che era stata la prima a formalizzare quell’insegnamento: L’Accademia di Brera. Quando decisi di iscrivermi Nuove Tecnologie era a numero chiuso, entravano un massimo di trenta studenti e anche se eravamo in centocinquanta a partecipare riuscii ad entrare.
Arrivai a Brera pensando che la frequentazione dei corsi sarebbe stata orientata ad apprendere competenze principlamente tecniche, metodi di rappresentazione legati alle nuove tecnologie. Mi fu presto chiaro che la questione era più complessa di quanto avessi immaginato: le tecnologie digitali producevano cambiamenti profondi, non si trattava della mera realizzazione degli stessi contenuti con altri mezzi. “Il medium è il messaggio” recita una famosa citazione del mediologo Marshall McLuhan e l’arte non poteva sottrarsi da una riflessione profonda che investisse gli strumenti stessi, insieme all’autore.
Quando ascoltiamo musica da un file digitale, scriviamo o disegnamo utilizzando un software, vediamo un video in uno schermo viviamo esperienze non dissimili da quelle che le tecniche tradizionali e le tecnologie analogiche ci avevano già donato. Le tecniche veramente rivoluzionarie che le tecnologie digitali ci mettono a disposizione sono basate sull’interazione. Il linguaggio nuovo che emerge dalla digitalizzazione è quello del videogioco, di quelle tecnologie che mettono i pubblici nella condizione del fare oltre che del passivo fruire. Fare arte interattiva significa spostare l’attenzione dal discorso al metadiscorso, dall’azione puntuale del fare artistico alla progettazione delle possibilità del fare artistico. La figura dell’autore non sparice ne viene depotenziato, anzi, cambia funzione diventando l’attivatore di processi tanto più apprezzabili quanto inattesi. L’estetica cambia, sposta la sua analisi dagli oggetti ai processi.
Così progressivamente la rappresentazione intesa come descrizione della realtà, tanto interiore quanto esteriore, scivolò fuori dal fuoco dei miei interessi e attraverso concezioni sociologiche dell’arte, mi concentrai maggiormente nel campo delle arti applicate rispetto a quello delle arti visive. Un grande passo era fatto: il linguaggio non era più solo il modo per descrivere il mondo o per esprimere se stessi, ma era diventato il processo attraverso il quale la realtà si costruisce e con essa anche la propria identità. L’arte passava da essere l’atto illuminato di un individuo di talento al processo collettivo della costruzione dell’immaginario.
Quando parliamo di immaginario, ci riferiamo a simboli, rappresentazioni, narrazioni, miti e archeti- pi, posti a diversi livelli di profondità della vita sociale, attraverso cui attori e gruppi costruiscono, in- terpretano, comunicano e trasformano il reale.
immaginario.eu – Sezione immaginario della Associazione Italiana Sociologia
(…) Intendiamo sottolineare la natura dinamica e morfogenetica della sfera dell’immaginario: le im- magini in cui esso si articola non possono che essere frutto di processi collettivi di elaborazione simbo- lica. L’immaginario, dunque, rappresenta sia la struttura che orienta l’azione degli individui, sia il frut- to creativo e trasformativo del loro agire.Da quanto detto, si deduce che l’ambito dell’immaginario si prospetta come un terreno ambiguo, dove si sovrappongono e si scontrano processi d’integrazione e di conflitto, di libertà e di dominio. L’eserci- zio delle facoltà immaginative, infatti, può costituire una pratica di resistenza e affrancamento dal po- tere, così come il dispositivo attraverso il quale i gruppi egemoni realizzano e mantengono la loro su- premazia. Questo perché se da un lato l’immaginazione può costituirsi come un momento di contrasto e di rottura rispetto alle strutture e alle gerarchie simboliche dominanti, dall’altro lato essa può anche finire col riprodurle inconsciamente.
Mi trovavo nel contesto giusto, tra i fondatori della scuola di Nuove Tecnologie dell’Accademia di Belle Arti di Brera figurano i mostri sacri dell’arte interattiva multimediale italiana, Studio Azzurro per fare un nome tra tutti. Nelle prime stagioni della diffusione delle tecnologie digitali era il loro carattere emancipatorio ad essere sottolineato e alcune pratiche artistiche di frontiera si allinearono con queste visioni progressiste: si intravedeva la fine dell’autorialità in una dimensione in cui il potere creativo veniva restituito alla pluralità dei pubblici.
Attraverso uno studio radicato nella pratica sviluppai una consapevolezza che entrava in conflitto con queste prospettive. Quando si progetta un dispositivo interattivo il materiale che si utilizza è ibrido: da una parte si ha a che fare con il design di software e interfaccia ma dall’altra e il comportamento stesso dell’utenza che si va a manipolare, se si può continuare a parlare di “opera” lo si può fare solo nella misura in cui l’autore si sposta senza sparire, da creatore dell’elaborato artistico si fa creatore anche dei comportamenti del pubblico che ne fruisce.
L’artista multimediale in una certa misura è uno scultore di carne umana.
Come era stato per l’allonatamento dal concetto di rappresentazione c’era bisogno nuovamente di spazio, di stupore, di possibilità di cambiamento di aprirsi di nuovo a una visione della pratica artistica che si svincolasse ulteriormente dalle pratiche di dominio che uscivano dalla finestra per rientrare dalla porta.
Durante tutto il percorso di studi mi resi conto che l’Arte che mi inetressava era essenzialmente rivoluzione: un “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente” per dirlo con lessico Marxiano o l’azione derivata dal “senso della possibilità” per usare le parole di Musil. Pratica artistica come processo che realizza lo spostamento del punto di vista, fare nuova la quotidianità, ricosiderare l’ovvietà sfacendo e ritessendo la tela del mondo in cui viviamo.
Se il senso della realtà esiste, e nessuno può mettere in dubbio che la sua esistenza sia giustificata, allora ci dev’essere anche qualcosa che chiameremo senso della possibilità. Chi lo possiede non dice, ad esempio: qui è accaduto questo o quello, accadrà, deve accadere; ma immagina: qui potrebbe, o dovrebbe accadere la tale o tal altra cosa; e se gli si dichiara che una cosa è com’è, egli pensa: beh, probabilmente potrebbe anche esser diverso. Cosicché il senso della possibilità si potrebbe anche definire come la capacità di pensare tutto quello che potrebbe essere, e di non dar maggior importanza a quello che è, che a quello che non è.
Robert Musil, L’uomo senza qualità
Le pratica pedagogica radicata nella consapevolezza della meditazione è stata la risposta che è andata pian piano maturando durante tutto il periodo di formazione Accademico, costituendosi più un punto di partenza che d’arrivo.
Oggi pratica artistica e pedagogica si fondono in un’unica prospettiva, alimentata dalla relazione autentica con gli studenti e dallo stupore che la caratterizza.